Report ESG 2024: prospettive, tendenze e nuovi requisiti
Redigere un Report ESG è diventato un imperativo per le aziende, all’interno di un quadro normativo in continua evoluzione che richiede un’attenzione costante per garantire la conformità e l’opportunità di creare valore strategico.
Un report ESG comporta per le imprese la raccolta e la successiva rendicontazione di informazioni dettagliate relative a una serie di indicatori di natura non finanziaria.
L’obiettivo di questo report è di fotografare rischi e opportunità che riguardano questioni ambientali, sociali e di governance dell’azienda (acronimo di ESG appunto), al fine di produrre una comunicazione sull’impatto che le attività d’impresa hanno su persone, risorse comuni, ambiente e territorio.
Dall’inizio del 2023 è entrata in vigore in Europa la nuova direttiva CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) che vedremo in seguito e che, tra le altre cose, ridefinisce i soggetti obbligati a redigere il report ESG dal 2024.
Questo ha portato ad un aumento del numero totale di imprese tenute a redigere il bilancio di sostenibilità, che ad oggi sfiorano in Europa le 50.000 unità.
La direttiva CSRD si inserisce nell’orizzonte più ampio del Green Deal europeo, ovvero una serie di misure economiche e legislative volte ad agevolare la transizione verde e il passaggio a un’economia più sintonizzata sui grandi temi del presente, più competitiva, inclusiva ed efficiente.
Dal punto di vista del reporting ESG, questa direttiva intende rendere più trasparenti e attuali gli indicatori e i KPI con cui avviene la rendicontazione, allo scopo di consentire una comunicazione finale più chiara e trasparente verso gli stakeholder, gli investitori e le istituzioni.
Vediamo più nel dettaglio nei prossimi paragrafi chi sarà obbligato a redigere il report ESG e alcune delle tendenze emerse nel 2024 in questo ambito.
Report ESG 2024: chi dovrà farlo
Come risultato diretto dell’entrata in vigore della direttiva europea CSRD, un gruppo più ampio di grandi aziende, ma anche di PMI quotate nei mercati regolamentati dall’Unione Europea, saranno tenute a presentare un report ESG sulla sostenibilità.
Vediamolo in breve:
- l’obbligo si estende anche a società non europee che generano oltre 150 milioni di euro nel mercato UE;
- sono inoltre tenuti alla rendicontazione tutti gli istituti di credito e assicurativi;
- oltre a questo, resta l’obbligo come in precedenza per le grandi imprese sul territorio europeo e in generale per le aziende quotate in borsa;
- rientrano nell’obbligo di rendicontazione anche gli enti pubblici.
Ad essere escluse dall’obbligo sono al momento le singole filiali degli istituti di credito e assicurativi, ma solo nel caso in cui queste fossero comprese nel report della società madre, le microimprese anche se quotate in borsa e le PMI non quotate in borsa.
Questo però non significa che queste aziende non possano decidere di adeguarsi volontariamente alla norma e attrezzarsi per predisporre un report ESG.
Vediamo il perché.
Bilancio di sostenibilità, tendenze e strategie
Per il Report ESG 2024 ci saranno dunque nuove misure da prendere in considerazione.
L’obiettivo è rendere la comunicazione il più possibile dettagliata e trasparente riguardo l’impatto che l’azienda ha lungo tutta la sua catena del valore, comprendendo ad esempio il territorio, le comunità che lo abitano, l’ambiente e la biodiversità, e l’utilizzo di risorse idriche ed energetiche.
Ma non solo, il bilancio di sostenibilità conterrà anche indicazioni in materia di ambiente di lavoro, di trattamento dei dipendenti e in generale di cultura e politiche aziendali (anti corruzione, pratiche di lobbying, modalità di pagamento ecc.).
Nell’ultimo decennio è aumentato in maniera costante e significativa il numero di aziende che pubblica un report ESG.
Questa è una diretta conseguenza dell’aumento delle richieste da parte di stakeholder e investitori in termini di maggiore trasparenza nella comunicazione dell’impatto e delle politiche aziendali.
Sono sempre di più anche le imprese che scelgono di tenere conto delle politiche ESG all’interno di una strategia aziendale più ampia, e di dotarsi volontariamente di un report di sostenibilità.
Qual è la ragione di questa scelta? Dotarsi di un report di sostenibilità ESG permette ad un’azienda di accreditarsi presso partner e stakeholder come una realtà trasparente e impegnata a rendere conto e tenere traccia della propria responsabilità ambientale e sociale.
In termini di reputazione corporate, il report di sostenibilità fornisce dei vantaggi:
- è un’ottima occasione per veicolare l’impegno e i valori aziendali all’esterno con l’attivazione di comunicazioni mirate;
- inoltre, dotarsi di un report ESG può significare per un’azienda la possibilità di accedere a bandi europei, eventuali sgravi e contributi destinati alle aziende che si muovono in un orizzonte di sostenibilità e responsabilità.
Alcune delle tendenze emerse nel 2024 pongono forte enfasi su regolamentazione e responsabilità in materia di: intelligenza artificiale, tutela della biodiversità del territorio, approvvigionamento energetico da fonti rinnovabili, ma anche equità, diritti umani e responsabilità sociale.
Sono tutti trend in forte consolidamento e da tenere in considerazione per un approccio strategico e completo al report ESG 2024.
Indicatori e informazioni da includere nel Report ESG 2024
Come abbiamo anticipato, il report ESG dovrà includere informazioni il più possibile dettagliate in merito a vari parametri, in modo tale che ne derivi un’immagine esaustiva e chiara dell’impatto dell’azienda e delle misure compensative messe in atto o in programma per ottimizzarlo.
Elenchiamo di seguito alcuni degli indicatori che non possono mancare in una rendicontazione di sostenibilità completa:
- un elenco dei principali rischi in termini di sostenibilità (ad esempio l’utilizzo di risorse idriche, le emissioni di Scope 1, Scope 2 e Scope 3 ecc.);
- le politiche in ambito ESG già adottate, con relativi obiettivi e monitoraggio dei progressi finora raggiunti;
- informazioni sulla strategia dell’azienda;
- obiettivi di sostenibilità e relative tempistiche per il raggiungimento;
- inclusione di indicatori chiave per confrontare e monitorare le performance, e valutare le informazioni fornite.
Un fattore di non poco conto da considerare è la frequente difficoltà per le aziende di reperire e convalidare tutte le informazioni necessarie a stilare il bilancio di sostenibilità entro i tempi stabiliti.
Questa impossibilità può generare conseguenze in termini di inadempienza normativa, portare a sanzioni o provvedimenti, e spesso avere un impatto anche sull’operatività finanziaria e sulla catena produttiva.
Cos’è la direttiva CSRD
L’entrata in vigore della Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) il 1 gennaio 2023, ha introdotto requisiti più stringenti per le aziende che devono redigere la propria rendicontazione di sostenibilità, e ha portato il numero di imprese soggette all’obbligo da circa 12.000 a quasi 50.000 sul territorio EU.
Uno degli obiettivi della Direttiva CSRD è anche far sì che la rendicontazione non finanziaria diventi una consuetudine per le imprese, andando verso un adeguamento a prospettive imprenditoriali più consapevoli del proprio impatto, e incoraggiando buone pratiche in generale più aderenti anche agli orizzonti dell’Agenda 2030.
Questa novità va ad aggiornare la normativa precedente, la Non-Financial Reporting Directive o NFRD sulla divulgazione di informazioni non finanziarie.
Rispetto a quest’ultima, la CSRD richiederà ai soggetti coinvolti una maggiore chiarezza e descrittività nella rendicontazione, e di conseguenza maggiore trasparenza nella comunicazione.
In generale la direzione presa con questo aggiornamento normativo è chiara: sempre di più verrà richiesto alle aziende di dotarsi di misure efficaci per il monitoraggio, la compensazione e la riduzione delle emissioni generate lungo tutto il life cycle dei propri prodotti o servizi. Sarà necessario muoversi sempre più verso un approccio responsabile, equo e inclusivo nei confronti non solo delle risorse utilizzate, ma anche internamente, nelle politiche dirette ai dipendenti.
In sintesi, l’indicazione delle istituzioni e delle autorità legiferanti è quella di adeguarsi sempre più a un orizzonte in cui le politiche ESG diventeranno la norma.
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